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“Ond’esta oltracotanza in voi s’alletta?” (Inferno: canto 9.93)

In risposta al commento del Sindaco di Givoletto (clicca qui per visualizzarlo) in merito alla designazione del consigliere Janni ad assessore.

Il sommo poeta avrebbe così fatto rispondere alla nostra (ahi noi!) Prima Cittadina.

La Signora “non permetto”, fa un minestrone di critiche infondate, giudizi fuori luogo, contro verità palesi. Si guarda bene, però, di commentare il vero problema sollevato dal nostro articolo: in giunta abbiamo un assessore che inneggia alla figura di Mussolini ed approva apertamente idee razziste e discriminatorie. Questa è la realtà dei fatti. Uno che pubblica la foto di Mussolini (reato di apologia del fascismo), che non vuole una “Italia gay e musulmana” (concetti omofobi xenofobi e anti religione, tutti contrari al dettame Costituzionale e in voga nel periodo fascista), come definirlo in altro modo? A quando una proposta di testo che imita le leggi razziali del ‘38 per Givoletto?

Sempre la Signora “non permetto” afferma: “ha sbagliato”. Or bene, se ha sbagliato per la sola pubblicazione e crede in quei “non valori”, abbraccia apertamente l’ideologia fascista (sembra l’ipotesi più probabile da un suo commento: “in futuro sarò più attento”, senza una parola di scuse o di rammarico). Se, invece, ha sbagliato per “leggerezza”, è un ingenuo sprovveduto, scriteriato incosciente, sconsiderato (il Prefetto, pare, l’abbia chiamato “peracottaio”). In entrambi i casi INADATTO al ruolo di Assessore Comunale. E se la Sindaca, dall’alto della sua grande esperienza, lo ritiene “una risorsa per l’Amministrazione Comunale”, nella migliore delle ipotesi, abbiamo una risorsa peracottaia, nella peggiore fascista.

Tornando alla Signora Sindaco, noterete che, spesso, aggira l’ostacolo buttando fango per non affrontare il merito delle questioni. C’è da stupirsi? Direi di no. Nulla di nuovo sotto il sole, in questa amministrazione e in quelle precedenti. Dice anche di voler tenersi alla larga della nostra pagina, ma poi non regge e sproloquia.

E il nostro Dante avrebbe concluso così:

“Questa lor tracotanza non è nova” (Inferno: canto 8.124).

Emilio D’Ascanio (cittadino di Givoletto)

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