Giornata della memoria: un filo d’erba bianco
Il 27 gennaio 2021, come ogni anno ricorre il giorno della Memoria. Quest’anno volevamo ricordare e commemorare le vittime dell’ Olocausto con una piccola intervista ad una persona che ha visitato il campo di concentramento di Mauthausen, in Austria. Paola (nome di fantasia) è una donna givolettese di 30 anni, mamma di due bambini e sempre pronta a raccontare le sue esperienze ed ad ascoltare gli altri.
– Buongiorno, innanzitutto grazie mille per la disponibilità.
– Ci mancherebbe per me è un piacere, oltre che un onore!
– Lei ha visitato il campo di concentramento di Mauthausen, giusto?
– Esatto. Ero poco più che bambina, i miei genitori avevano deciso che quell’ anno le ferie estive le avremmo passate in Austria e cercarono di farmi visitare tutti i posti più significati ed importanti della Nazione, tra cui anche il campo di concentramento.
– Ci può raccontare cosa si ricorda?
– Certo. Devo fare una piccola premessa: i miei sono sempre stati viaggiatori autonomi, organizzavano tutto loro, mia mamma in particolare, ma mio padre parlando perfettamente francese era indispensabile! Non si prenotava la stanza d’ albergo, ma si improvvisava sempre un po’. Una sera siamo arrivati in un piccolo paese di periferia ed abbiamo trovato un posto per mangiare e dormire. La mappa ci diceva che eravamo molto vicini al campo di concentramento. Abbiamo quindi deciso di chiedere informazioni a persone del luogo, ma nessuno sapeva dirci dove si trovava il campo. La cosa ci ha lasciato stupiti. Chi non ci capiva proprio per colpa della lingua e chi invece non sapeva cosa stessimo cercando.
– Anche se sono passati degli anni i ricordi mi sembrano molto vivi.
– Si, ha ragione. La visita a Mauthausen mi è rimasta molto impressa come se fosse passato poco tempo. Inoltre ricordo che la sera precedente, mentre i miei cercavano, sulle varie mappe, la strada per arrivare al campo di concentramento, io continuavo ad insistere che non volevo andarci.
– I suoi genitori cosa le hanno detto?
– Mi hanno detto che loro sarebbero andati e che non sapevano dove lasciarmi. Io ho risposto che sarei stata in macchina ad aspettarli.
– Come mai non voleva andare?
– Solo il pensiero di visitare un posto dove oltre 110mila persone sono decedute, mi faceva star male.
– E quindi al mattino cosa avete fatto?
– Io continuavo ad impuntarmi che non volevo andare. Avevo deciso che sarei rimasta in macchina ad aspettarli. Ma quando sono arrivata al posteggio non me la sono sentita e sono entrata.
– Quindi avete trovato la strada per il campo di concentramento senza problemi?
– Non proprio. Anche perché le indicazioni erano poche e le persone molto omertose, inoltre la giornata era caratterizzata da una fitta nebbia che non faceva vedere nulla a distanza.
– Ma alla fine ha deciso di entrare?
– Si, non ero delle più convinte, ma sono entrata. Il piazzale dell’ appello mi ha subito colpito: era enorme con la torre di guardia che la faceva da padrone. Quella mattina, inoltre, c’ erano pochi visitatori e quindi sembrava ancora più grande. Si era anche alzato un vento freddo. Ho cercato di identificarmi con i deportati ed i brividi mi hanno percorso tutta la schiena.
– Oltre al piazzale ha visitato altro?
– Certo, ricordo i dormitori, dove ogni posto era occupato da tre persone, inoltre ricordo la storia che c’ era scritta all’ interno di uno: un deportato era riuscito a far crescere tra le tavole in legno del pavimento un filo d’erba, la quale era rimasta bianca perché non era riuscita a prendere il sole. Quando il filo d’erba fu sufficientemente grande un’ altro deportato è andato per rubarlo. Subito, ricordo che ero una bambina, non avevo capito il perché. Decisi di chiedere spiegazioni ai miei genitori i quali mi guardarono e mi diserro: “Avevano fame”. Rimasi senza parole.
– Si ricorda altro?
– I forni crematori e le camere a gas.
– Mi sembra di capire che ha provato una sensazione di dolore dal suo tono di voce.
– Dolore e tanta tristezza, ecco cosa ho provato. Lei sapeva che le camere a gas erano mascherate da bagni, con impianti di docce e scarichi d’ acqua?
– No, non lo sapevo.
– Dicevano che andavano a fare la doccia, ma non sarebbero più tornati.
– Dopo questa visita, lei la consiglierebbe ad altre persone?
– Certo! E’ un’ esperienza che tutti dovrebbero fare. Tutti dovrebbero visitare un luogo così, per capire cosa è realmente successo, per immedesimarsi nei deportati.
.- A distanza di anni, tornerebbe lì?
– Sì. Ovviamente con una consapevolezza diversa, data anche dalla maggiore età e dai vari studi e letture fatte. Quando sono andata io a visitare Mauthausen non era ancora stato istituito il Giorno della Memoria e l’argomento non veniva trattato a scuola. Vorrei tornare con i miei figli, per capire le loro sensazioni e se siamo riusciti ad insegnare a queste nuove generazioni le “lezioni dell’ Olocausto”
– Quindi per lei il Giorno della Memoria è importante?
– Assolutamente sì. Non deve essere solo un omaggio alle vittime, ma un riconoscimento di un fatto grave che ha colpito tutta l’ Europa compresa l ‘Italia, un fatto che ha colpito l’intera umanità, perché da questi avvenimenti si possa trarre insegnamenti soprattutto per le generazioni futuri.
– Quindi “HISTORIA MAGISTRA VITAE”.
– Cicerone aveva anticipato i tempi: conoscere la storia ci permette di indirizzare nel modo migliore la nostra vita e di evitare di riproporre errori già commessi.
– La ringrazio per aver risposto a tutte le mie domande.
– Io ringrazio voi per avermele poste ed aver aggiunto un piccolo ricordo personale a questo Giornata.